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Tante care cose.
Napoli.

By Giorgio Giovanni Damato

Tratto dal diario di Pasquale C. Portinaio smarritosi in mare in una bella giornata di maggio

A)

Pasquale, portinaio. Napoli.
Palazzo bene, di gente bene, in zona bene. Raga tutto rego.

Bruticiello, Pasquale.
Naso sporgente. Denti aguzzi. Un uomo
a cui non dare due lire. Nemmeno col nuovo conio.

Vuota camera sua. Vuota la sua giornata. Vuota la libreria. Solo sole, di sbieco, ogni giorno, tramite una fessura.

Quello che di nuovo aveva Pasquale, ogni giorno, in vita sua, era solo uno spiraglio di luce. Quel taglio di sole, lo gradiva proprio
per questo le persiane
non erano chiuse.
Mai.
Anche se fuori c’era il casino.
Sempre. 

La strada dove abitava Pasquale
era un cesso. Era sempre scassata. Si rompevano i tombini si rompevano le scale
si rompevano le palle, quelli del comune, di
farla aggiustare.
Sempre.
Per questo non la aggiustavano, mai.
Uaaaa.

La strada dove lavorava Pasquale invece era splendente. Era in salita. La dovevi fare con
la prima, con la seconda non ce la facevi.
Entravi nel palazzo e poi era bellissimo.

Il gabbiotto dove lavorava Pasquale
lo faceva sentire un comandante autentico.
I giudici, i dottori, i commercialisti gli lasciavano le chiavi e gli facevano spostare le macchine.
Otto ore al giorno Pasquale era un king.
Quando tornava a casa sua però, gli veniva
la fiaccheria sin dentro al fegato.

Mà,
se tu pensi che da casa del giudice si vede l’anfiteatro ma tu ti rendi conto, Mà,
di che casa coi controcazzi.

Quando salgo a vedere se a Johnny, il cane, gli serve qualche cosa mi affaccio alle finestre
lo osservo con attenzione
e mi immagino i tempi antichi

coi guerrirei
gli attori
e gli imperatori.
Mà,
ma mi stai ascoltando? Mà...

Era un po’ sorda la madre di Pasquale e poi non dava molta retta
al figlio
quando le diceva

le storie del suo mestiere.

Ma che imperatori Pasqualì, passami Tv Sorrisi Canzoni che devo controllare una cosa importante.
Gli imperatori...

Mfh...

Non c’aveva la macchina Pasquale.
Mica era ricco. Prendeva il trenino. Tutti i giorni. Non lo pagava proprio sempre eh...
Dai
onestamente, non lo pagava mai.
Tanto sul trenino ci stava
Nando, suo cugino
e la multa non gliela faceva ne mò ne mai.
Ai cugini non si fanno multe.

Pasquale per andare a lavoro faceva cinque fermate del trenino. La prima leggeva il giornaletto del trenino
la seconda leggeva il telefonino
la terza leggeva di nuovo il telefonino

la quarta e la quinta si scocciava come all’eternità tranne quando ogni tanto si fermava a Maretti dove stavano le barche.

Un giorno però Pasquale si mise in una barca.
Mica lo sapeva di chi era...
Si mise sopra e basta.

Tolse l’ormeggio. Mica era difficile...

Prese i remi.
Nemmeno in quello aveva difficoltà.

Piano piano si allonatanava, Pasquale,
Mò un metro mò l’altro mò cento mò duecento metri.

Mi metto a remare.
Lì c’è una bella luce.
Sembra la luce che entra in camera mia. quando la mattina, per poco tempo senza motivo, per quel po’ di tempo
mi sento contento.

Tanto, se oggi
domani
e per cento giorni ancora chi se ne accorge
non ci sto?

B) 

Però Enzo e Gianna l’hanno già fatto... Paolo e Maria pure...
Paolo e Michele anche...
Solo noi non lo abbiamo fatto.

E quindi?

No, niente.
Però perché? Perché solo noi, no?

Chì, non mi sento pronta. Ti amo assai
ma non mi sento pronta.

Ah.

E tu comunque che ne sai che tutti l’hanno fatto?

Me l’hanno detto.

Sarà... E comunque porta pazienza. Non troppa. Nu poco.

Vabbuò.
Vuoi un gelato, amore?

No. Stiamo ancora un altro po’ qui. Poi si pensa...

Sò trent’anni che lo sopporto. Trent’anni.
Trent’anni che dice sempre le stesse cose, che fa gli stessi teatrini.
Mariella, la pasta corta non mi piace. Posso avere un po’ di vino dopo la pasta?
Si può avere un frutto per cortesia?
E tutti quanti, tutta la corte celeste, che non fate mai un cazzo e che gli fate vincere tutto. Tutto.
Ah, ma se fossi stato io il figlio... Se avesse avuto me come figlio.
Altro che teatrino...
Non si sarebbe permesso.
Nemmeno per scherzo.

Hai finito?

No, non ho finito.
Perché so trent’anni che tutte le domeniche sento le stesse cose. E non ce la faccio più. Maria, non ce la faccio più.
E poi, soprattutto, dove sta tua figlia?

Adesso è solo mia figlia?

Maria, non fare polemica pure tu peppiacere.... Chiamala. Dille che tra 10 minuti ce ne dobbiamo andare e che se non viene immediatamente rimane a piedi.
E non esce per un mese.

Un mese?
Tu dille così...

Rosaria, a che ora viene tua figlia? Staranno arrivando.
Io c’ho fame.
Gino, c’abbiamo tutti fame.

Io di più, mi mangerei qualunque cosa. Gino, perché mai tu avresti più fame? Perché sò il più vecchio.
Ah. certo.

Rosaria, viene pure la bambina?
Certo.
E a che ora viene?
Penso che viene col padre e la madre, no? Giustamente...

Se lo sapevi già, perché me l’hai chiesto?
Perché sò il più vecchio. Che ti devo dire Rosaria, starò rincoglionendo. No Gino. Tu sei solemant nu scassacazzo.
Può essere Rosaria. Può essere. Senti, ma che si mangia?
Tubettini con le cozze.
Rosà e che diamine. A me la pasta corta non mi piace....

Chì, aspè.

Dimmi maaaaaaa. Sììììì.
Mo saaaalgo. Nooo, mo saaalgo.

Chì,
dobbiamo chiudere.
Poi ti chiamo più tardi.
Mi ha detto mia madre che se non salgo subito mio padre non mi fa uscire per un mese.

Ciao Aminn.
Sì, stanno agitati. Devo salire di corsa. C’avranno fame.

Sì, era Aminn
che sta sotto casa a fare i lavori. E che ne sacc.
Fatic pur a domenica.
Gli pagheranno gli straordinari. Dai fammene andare.

Chì,
dai ci sentiamo dopo.
Io di qua me ne vado presto
tanto massimo venti minuti e stanno già a litigare.

Magari poi passiamo da casa. Così...
Magari...

Non ti chiedo tanto.
Solo una cortesia. Poi ti prometto che vengo in chiesa tutti i giorni.
Sì, lo so. Te l’ho detto un sacco di volte e tu non mi credi più, c’hai ragione. Però se tu mi fai fare all’amore con Graziana io divento devoto.
Vengo alle processioni, alle messe difficili, lunghe, sudate.
Vengo tutti i giorni. Te lo prometto.
Peppiacere... peppiacere...

C) 

Compito: descrivi le tue vacanze estive. Svolgimento:

Le mie vacanze estive sono bellissime. Anzi, sono state bellissime, perché mò purtroppo so finite.
Ogni giorno, Pasquale, il mio amico, mi viene a prendere con la sua bmx.
Io pure, prendo la mia bmx e ce ne andiamo in giro come due veri bomber.

Ce ne andiamo sempre alla fabbrica vecchia, dove io e Pasquale abbiamo un posto segreto. In questo posto segreto facciamo sempre una cosa segreta, che non possiamo dire davvero a nessuno, soprattutto adesso, in questo compito. Perché se poi lo diciamo, non è più un segreto, no? Ma soprattutto perché se poi i nostri genitori lo vengono a sapere, prendiamo un sacco di mazzate, sia io che Pasquale.

Maestra Gianna, peppiacere, puoi mantenere anche tu questo segreto con i genitori miei (e anche quelli di Pasquale) ?

Fare le vacanze estive però è molto pericoloso. La cosa più pericolosa è non farci vedere dal padre di Pasquale. Il padre di Pasquale aggiusta le strade. Odora sempre di strada, anzi di bitume, come dice Pasquale; bitume è la parola più corretta.
Siccome il padre di Pasquale lavora per strada, può essere che un giorno lavora in un posto e un giorno in un altro. Può essere pure che un giorno lavora vicino alla vecchia fabbrica...

E se poi ci vede vicino alla fabbrica, mimino ci chiede che stiamo fare lì...
Noi mica gli possiamo dire che stiamo lì perché in quel posto custodiamo il nostro segreto...

Comunque, queste sono delle storie eventuali.
Fino a mò il padre di Pasquale non lo abbiamo incontrato. E comunque speriamo che non lo incontriamo nemmeno la prossima estate.
E speriamo anche che io Pasquale, la prossima estate, siamo ancora amici...

Una cosa che facciamo sempre durante le vacanze è andare a trovare il nonno di Pasquale. Anche il nonno lavora per strada, a differenza del padre però lavora sempre nel solito posto. Il nonno aiuta le persone a parcheggiare, perché parcheggiare in quella zona è davvero difficilissimo. Meno male che ci sta lui che aiuta la gente...
Il nonno di Pasquale è troppo simpatico, ci fa ridere un casino e ci da sempre le Goleador e le Rossana. L’unico difetto del nonno è che ci dice di non sudare troppo che se no ci viene la febbre. Ma come si fa a prendere la febbre durante l’estate? E poi come si fa a non sudare? Queste sono davvero delle cose troppo incredibili...

La cosa più simpatica è che pure la mamma di Pasquale lavora per strada.
La differenza è che se la mamma di Pasquale ci vede, non è molto contenta, come il nonno.

Una volta l’abbiamo incontrata vicino a un giardino.
Stava vestita un sacco bene, con delle scarpe un sacco alte. Pareva che doveva andare a una festa. Quando Pasquale però l’ha salutata lei gli ha detto che se non se andava immediatamente gli dava un sacco di mazzate. Lo conciava per le feste, ecco. Proprio così aveva detto.
Io non l’avevo mai sentita una cosa del genere, infatti poi ho chiesto a mia sorella che significava sto fatto delle feste, le ho chiesto pure se sapeva perché la mamma di Pasquale si vestiva così la mattina.
Mia sorella mi ha risposto solo su una delle domande. Cosa faceva la mamma di Pasquale poi me lo diceva dopo. Solo che poi dopo se n’è scordata...

Allora siccome andare in giro era un sacco rischioso, un giorno a Pasquale ci ho detto: Pasquale, siccome è un sacco pericoloso andare in giro, rischiamo che prendiamo un sacco di mazzate, perché non ce ne andiamo sempre al mare?
Lui subito ha detto sì. Ha solo detto che però ogni tanto dovevamo pure andare alla vecchia fabbrica, perché li c’era il nostro segreto. E pure ogni tanto a trovare il nonno, che magari gli insegnava come si aiutava la gente a parcheggiare. L’importante è che non andavamo più a trovare la mamma che altrimenti prendeva mazzate.
Non ti preoccupare Pasquale, noi ce ne stiamo sempre qui allora, al mare, a mangiare e a fare i tuffi dagli scogli. Tanto l’estate è ancora un sacco lunga.
Infatti adesso è finita e io la sto raccontando nel tema della maestra Gianna.

D) 

Sei come un portone chiuso.
Non so dove sei, cosa fai, con chi stai. Se, con qualcuno, stai.

Sei come un portone chiuso
col filo spinato attorno
non dai garanzie se qualcuno prova ad entrare

Mi hai dilaniato.
Mi hai sezionato, spolpato, e lasciato così sulla strada.

Il problema sarà adesso rimetttere tutto apposto. Pezzo dopo pezzo. 

Spoglio, disadorno gramo

in attesa
che
qualcosa ricresca che

qualcuno conosca

Eppure
perché c’è sempre un eppure qualcosa cambierà

non può essere sempre grigio non può esser solo vento
non sarà così, per sempre. 

Arriverà il sole. Vedremo, in lontananza, il colore del mare

e di quanto patito e di quanto sofferto ne potremo solo ridere
scrivere
cantare. 

E) 

-  E quindi mi dica signor Pasquale

-  E c’aggia dì?

-  Mi spieghi il suo gesto...

-  Che gesto?

-  Signor Pasquale, allora, qui non abbiamo molto tempo da perdere. Glielo dico adesso, così mettiamo in chiaro le cose.

-  Signorsì.

-  Perfetto, chiarito questo tema, può spiegarci cosa le è saltato in mente?

-  Dottò, in mente non mi è saltato niente.

A dire la verità, dottò, sono io che sono saltato sulla barca, ma nella mente non è mi è

saltato proprio niente...

-  Bene, allora perché è saltato sulla barca, signor Pasquale?

-  Eee dottò, mi volevo fare un giro. C’era una bella luce...

-  Si voleva fare un giro?

-  Sì. Gliel’ho detto.

-  E non le sembra che arrivare a Procida, con una barca a remi, sia un po’ più di un giro?

-  C’hai ragione dottò. Però io volevo fare un giro, giusto una mezzoretta. Poi volevo

tornare a Maretti, lasciare la barca e andare a lavorare.
Cioè dottò, onestamente non lo so se volevo andare a lavorare. Però non è che volevo fare nà regata.

-  E perché poi, in pratica, l’ha fatta?

-  È successo un imprevisto?

-  Cioè? Che è successo?

-  Ho sentito una voce in mare che mi chiamava...

-  Prego?

-  Ho sentito le voci delle sirene... 

-  Signor Pasquale, mi sembrava di averle già detto che qui non abbiamo molto tempo e che l’unica cosa che le avremmo chiesto, cortesemente, era un po’ di serietà. Quindi...

-  Dottò, ma io sò serio. Te lo giuro. Io stavo remando con la barchetta. Come ti ho detto, volevo solo fare un giretto. Ma piccolo però... poi a un certo punto ho sentito delle voci. Sentivo un sacco di voci che dicevano: Pasquale, Pasquale, vieni, vieni...

-  Un Ulisse contemporaneo...

-  Chi?

-  Lasci stare... dicevamo, e quindi lei è andato incontro a queste voci che la chiamavano?

-  Sì dottò, sono andato. O meglio ci ho provato...

-  Perché?

-  Perché non è che si trovavano ste sirene...

-  Ma lei è sicuro che fossero sirene?

-  Dottò, onestamente no. Però, chi cazzo è che si mette a chiamarmi in mezzo al mare? 

-  Dunque, dopo che ha sentito le voci che è successo?

-  Eee dottò, non lo so.

Sono andato vicino ad una caletta dove le voci si sentivano più forte. Ho messo i remi

sugli scogli, e sono uscito dalla barca.

-  E poi?

-  E poi ho visto una figura strana vicino all’acqua. E poi, onestamente, non lo so. 

F) 

Dici dunque che potrò mai dimenticarti? Riuscirò ad essere qualcos’altro da te?
Per quanto tempo dovrò continuare a vederti da dietro uno schermo?
Perché è così che ti osservo.
Come se non fossi più mia
ma avessi il privilegio ricordarti. 

Faccio finta
che quello che ho adesso sia limpido. Finta.
La patina di quello che ho vissuto con te purtroppo è vivido, presente
e nei giorni di limbo
senza essere richiesta
riprende vita.
Ritorna in aria. 

Quanto erano belli i tempi in cui eravamo insieme. Mille ora all’ora, tutto quanto, vissuto senza esitazione. Senza controllo.
Fuochi pirici e centrali.
L’apice,
senza paura del down. 

Progettavamo un futuro insieme.
Avrei voluto dei bambini da poter crescere qui. Pensieri frequenti e inutili, sul nome dei bimbi. Le notti a letto, prima di dormire,
a pensare come li avresti potuti crescere.
Cosa gli avresti potuto dare. 

Ma sei andata via.
O forse, io, sono dovuto andare, abbandonandoti.

Ci siam dovuti perdere, per sempre potendoci dire, senza che mai lo saprai un muto misero addio.

Tante care cose. Napoli.